I lavori di ristrutturazione fatti male sono una evenienza tutt’altro che rara. Qui spieghiamo come difendersi, prendendo come riferimento la normativa.
I lavori di ristrutturazione fatti male, come appena specificato, sono un fenomeno piuttosto diffuso.
La legge – ma potremmo dire anche il buon senso – predispone soluzioni per reagire, anche se l’arma più efficace rimane la prevenzione.
Ovviamente, prima di tutto occorre intendersi sul significato di lavori fatti male.
Cosa si intende per lavori edili fatti male?
Il concetto di “lavori fatti male” potrebbe apparire fumoso o troppo suscettibile alla soggettività. Dunque, è bene circoscriverlo a specifiche casistiche. Ecco le più frequenti.
- Lavori difformi rispetto alle norme edilizie o ai permessi richiesti: è uno dei casi più tipici e problematici allo stesso tempo. Quando un progetto non rispetta le normative vigenti o i necessari titoli autorizzativi, si crea una situazione potenzialmente pericolosa, tale da esporre a sanzioni. Gli edifici costruiti fuori norma possono risultare strutturalmente insicuri e, in alcuni casi, dover essere demoliti o ristrutturati.
- Lavori eseguiti in difformità al progetto: la non conformità tra l’esecuzione e il progetto originale è uno dei problemi più comuni nei lavori edili e senz’altro afferente alla categoria dei lavori fatti male. Tale scenario si verifica quando l’impresa modifica materiali, dimensioni o caratteristiche tecniche senza informare il committente o senza il suo consenso. Il risultato è un’opera diversa da quella progettata, potenzialmente meno resistente o funzionale.
- Lavori che non rispettano i criteri di funzionalità: un edificio, per essere considerato correttamente costruito, deve rispondere a criteri di funzionalità: dal sistema idraulico al cablaggio elettrico, dalla disposizione degli spazi alla ventilazione. Se questi elementi non vengono progettati o realizzati correttamente, l’edificio non risponderà alle esigenze pratiche degli utenti, comportando possibili disagi o costi aggiuntivi. È il caso più facile da verificare.
- Lavori che non rispettano le esigenze del committente: questo scenario si verifica quando la ditta non tiene conto delle indicazioni chiaramente espresse, magari riguardo ai materiali, alle finiture o alla distribuzione degli spazi.
Come affrontare un contenzioso con una ditta edile?
Quando ci si “accorge” che i lavori sono stati fatti male, non rimane che reagire. Ovviamente, nel modo più corretto e con tutto il sangue freddo necessario. Per prima cosa si dovrebbero raccogliere preventivi, contratti, permessi e fotografie dei lavori in corso.
Dopodiché si possono intraprendere le seguenti strade:
- Affidarsi a una figura terza e commissionare una perizia: in caso di contenzioso (magari solo verbale) con una ditta edile, la perizia di un esperto indipendente è fondamentale per valutare lo stato dei lavori. Un tecnico qualificato analizza i difetti e verifica se vi siano errori o difformità rispetto al progetto. Questa valutazione oggettiva è spesso necessaria per sostenere le proprie ragioni, a prescindere dalla sede in cui lo si fa.
- Inviare una lettera di diffida ad adempiere: si tratta di un documento ufficiale, se inviato via raccomandata o via PEC, che consente al committente di richiamare la ditta ai doveri contrattuali, minacciando in caso contrario di adire alle vie legali.
- Valutare la possibilità di non pagare: se il lavoro non è stato svolto secondo quanto pattuito, il committente può sospendere il pagamento finale come forma di tutela. Tuttavia, questa scelta va ponderata attentamente: è fondamentale avere prove chiare e documentabili dell’inadempimento per evitare di incorrere in eventuali cause legali che potrebbero ribaltare la situazione a proprio sfavore. Solo in questo caso, infatti, il Codice civile consente di non pagare.
- Valutare la possibilità di chiedere un risarcimento: quando i danni causati dai lavori sono consistenti e chiaramente imputabili all’impresa, il committente ha diritto a richiedere un risarcimento. È necessario raccogliere tutta la documentazione che attesti i difetti, le difformità o gli errori. La richiesta di risarcimento deve essere formalizzata attraverso vie legali, con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto edilizio.
E poi c’è la soluzione più pacifica da prendere in considerazione: prima di avviare una causa legale, infatti, è bene valutare sempre la possibilità di negoziare una soluzione, magari coinvolgendo una terza parte imparziale come un mediatore o un tecnico terzo. ll trucco sta nel focalizzarsi sul risultato, piuttosto che dare adito a emozioni inutili come la vendetta e il risentimento.
Chi è il responsabile e a chi rivolgersi per la tutela?
Ovviamente, per puntare il dito contro qualcuno è necessario capire chi sia quel qualcuno. Insomma, bisogna individuare il responsabile dell’errore. Gli scenari sono due.
- Il responsabile dell’errore è il progettista o l’architetto: se il difetto riguarda un errore di progettazione, la responsabilità ricade su chi ha redatto il progetto, ossia il progettista o l’architetto. Questo può accadere quando le misure sono sbagliate, i materiali inadeguati o le soluzioni tecniche sono inefficaci. Può accadere anche quando i lavori risultano formalmente efficaci, ma diversi rispetto a quanto desiderato e comunicato dal committente.
- Il responsabile dell’errore è l’impresa edile: quando il problema riguarda l’esecuzione dei lavori, è l’impresa edile a essere responsabile. Questo accade quando le opere vengono realizzate in difformità rispetto al progetto o non rispettano le normative tecniche.
In realtà, può capitare che siano responsabili entrambi. È un caso raro, e particolarmente sfortunato, ma può accadere. Il risultato, in genere, è disastroso e sostanzialmente visibile a occhio nudo.
Una domanda sorge spontanea a questo punto: a chi rivolgersi? Nel paragrafo precedente abbiamo introdotto una figura estremamente utile, il professionista terzo in grado di eseguire una perizia.
Questa può essere portata come prova in un procedimento civile per il risarcimento dei danni, anche se è probabile che il citato in giudizio porti a sua volta la relazione di un suo consulente (a meno di situazioni estremamente definite in partenza).
In genere, la questione si risolve con la nomina da parte del giudice di un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) e il conseguente pronunciamento del magistrato.
Come prevenire il problema di una ristrutturazione male eseguita?
Come abbiamo già specificato, il miglior rimedio ai lavori fatti male è la prevenzione. La buona notizia è che sì, è possibile prevenire.
Il trucco sta nell’individuare un tecnico e un’impresa competenti, in grado di fare il proprio lavoro in conformità con la normativa vigente, il volere del committente e il buon senso.
Purtroppo, da fuori, soprattutto se si è profani del mestiere, è difficile intuire competenze e trasparenza.
Ma c’è una soluzione: sfruttare il processo di selezioni che altri hanno effettuato per proprio conto.
Per esempio, quello messo in atto dai portali specializzati. Questi, in genere, compongono i propri network di professionisti secondo i criteri di onestà, rispettabilità e qualità.
Un tool molto utile è quello di MestiereImpresa.it.
Senza contare il vero vantaggio, ovvero la possibilità di ottenere offerte competitive facili da confrontare per individuare una soluzione conveniente e risparmiare.
Dunque, non ti rimane che chiedere preventivi online per risparmiare e metterti al riparo da brutte sorprese.