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Restauro edificio storico: sfide, permessi, interventi

Restauro edificio storico, una soluzione per far tornare ai festi edifici di grande valore artistico e architettonico.

 

In questa guida parliamo di restauro degli edifici storici. Forniremo una panoramica degli interventi da realizzare, ovvero dei più comuni; faremo il punto sulle sfide architettoniche e burocratiche; offriremo qualche consiglio per contenere una spesa che, nell’immaginario collettivo, è molto alta.

 

Il restauro degli edifici storici è percepito come una opportunità per il territorio, ma in realtà è anche una opportunità per il singolo.

 

Non è raro, infatti, che gli edifici di portata storica – magari non ufficiale – siano di proprietà non già di un ente o di un’amministrazione, ma di un privato.

 

Emerge dunque la necessità di gestire un contesto complicato, compromesso da un lato dai legacci burocratici e dall’altro dalla delicatezza che gli edifici storici manifestano.

 

Le sfide del restauro degli edifici storici

 

Le sfide che il restauro di edifici storici impone sono burocratici, architettonici ed edilizi. Dei primi parleremo più avanti, qui ci soffermiamo sugli ultimi due.

 

  • Preservare i materiali originari: molti edifici storici contengono materiali ormai fuori produzione o difficili da reperire. L’obiettivo è conservarli il più possibile, o sostituirli con elementi compatibili. Richiede un’approfondita conoscenza dei materiali antichi e delle tecniche di conservazione.

 

  • Rispettare la struttura portante: intervenire su un edificio antico significa spesso agire su una struttura già compromessa. Ogni modifica deve tener conto della distribuzione originaria dei carichi e della resistenza residua dei materiali, per evitare danni irreversibili o cedimenti.

 

  • Integrare gli impianti moderni: inserire impianti elettrici, idraulici o di riscaldamento senza compromettere l’estetica e l’integrità architettonica è una delle sfide più complesse. Richiede soluzioni tecniche personalizzate e il ricorso a spazi nascosti o invisibili. L’obiettivo è non tradire lo spirito dell’architettura originaria, togliere la patina di storico.

 

  • Mantenere l’identità architettonica: per l’appunto, ogni intervento deve rispettare l’aspetto originario dell’edificio, anche quando si rendono necessarie modifiche strutturali. Il rischio è quello di snaturare l’immobile, cancellando il suo valore storico o culturale.

 

  • Affrontare l’instabilità degli elementi decorativi: stucchi, affreschi e fregi sono spesso fragili e danneggiati. Intervenire su di essi comporta un lavoro delicato e, in alcuni casi, il ricorso a restauratori specializzati. La sfida è conciliare il recupero con la durabilità.

 

Queste sfide richiedono una progettazione accurata e un intervento multidisciplinare. Insomma, non è un intervento appannaggio di imprese edili comuni.

 

Restauro e recupero di edifici storici: gli interventi?

Entriamo nel vivo del discorso e spieghiamo come andrebbe realizzato un restauro di un edificio storico, o per meglio dire gli interventi più comuni.

 

  • Consolidamento delle murature: tale intervento si realizza mediante iniezioni di malta, cuciture armate o sostituzione dei giunti. Serve a stabilizzare pareti che mostrano segni di fessurazione o di perdita di coesione, specialmente se soggette a eventi sismici.

 

  • Rifacimento delle coperture: intervento spesso necessario per evitare infiltrazioni, fenomeno che interessa molti edifici antichi, quindi anche storici. Si esegue con materiali coerenti con l’epoca di costruzione, come tegole antiche o coppi tradizionali. Fondamentale la conservazione della geometria originaria del tetto.

 

  • Recupero degli intonaci: si sostituiscono solo se irrecuperabili. In genere si esegue la pulitura, il consolidamento e la reintegrazione delle lacune. Vengono usate malte compatibili, prive di cemento e formulate su misura.

 

  • Restauro degli infissi: in questo caso, si interviene per preservare le finestre e le porte originarie. Se non recuperabili, si realizzano repliche in legno, rispettando fedelmente le proporzioni e le finiture originali.

 

  • Adeguamento antisismico: in zone a rischio sismico, questo intervento è caldamente consigliato. Comporta l’inserimento di rinforzi non invasivi, come fibre di carbonio o sistemi di dissipazione dell’energia. Si punta a migliorare la risposta strutturale senza alterare l’estetica.

 

  • Restauro delle decorazioni: nella fattispecie si interviene con operazioni conservative su affreschi, stucchi o pavimenti in graniglia. Le tecniche variano caso per caso e spesso coinvolgono restauratori accreditati e materiali specifici.

 

  • Recupero delle pavimentazioni: si effettua una pulitura, si realizza un eventuale consolidamento e si procede con la reintegrazione con materiali identici. In alternativa si realizzano superfici simili, ma sempre compatibili. Fondamentale è rispettare le quote e le texture originali.

 

  • Installazione impianti invisibili: gli impianti vengono nascosti nei muri, nei pavimenti o nei controsoffitti. L’obiettivo è aggiornare la funzionalità dell’edificio senza alterarne l’estetica. Richiede una progettazione attenta e strumenti a basso impatto.

 

Questi interventi possono essere combinati secondo necessità, e consentono di riportare alla vita edifici anche gravemente compromessi.

 

I permessi da richiedere

 

Affrontiamo ora la questione delle sfide burocratiche, che si riduce essenzialmente alla necessità di chiedere permessi. Infatti, ai tradizionali permessi edili si affiancano dei permessi specifici. Partiamo dai primi.

 

  • CILA, Comunicazione di inizio lavori asseverata: questo permesso riguarda gli interventi di manutenzione straordinaria che non modificano strutturalmente l’edificio, come il restauro degli intonaci, la sostituzione di finiture o l’adeguamento impiantistico. Non richiede parere positivo della Soprintendenza, salvo casi specifici. L’iter è semplice. Il costo si aggira sui 1000 euro, inclusa la parcella tecnica.

 

  • SCIA, Segnalazione Certificata di Inizio Attività: questo permesso riguarda interventi più invasivi, come il rifacimento delle coperture o delle murature interne. Può richiedere l’autorizzazione della Soprintendenza se l’edificio è vincolato. Richiede progetto tecnico, asseverazione e comunicazione al Comune. Il costo complessivo è di alcune migliaia di euro.

 

  • Permesso di costruire: titolo abilitativo molto pesante, si rivela necessario per modifiche strutturali rilevanti o ampliamenti. Sempre richiesto il parere positivo della Soprintendenza per edifici vincolati. L’iter è lungo e complesso, con numerose verifiche tecniche e urbanistiche. Il costo complessivo è elevato, spesso diverse migliaia di euro.

 

Questi permessi possono risultare complessi da comprendere, dunque ecco una tabella riepilogativa.

 

Tipo di permesso
Interventi interessati
Parere Soprintendenza
Iter burocratico
Costo indicativo
CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata)
Manutenzione straordinaria senza modifiche strutturali (es. intonaci, finiture, impianti)
Non richiesto, salvo eccezioni
Semplice
Circa 1.000 euro (con tecnico)
SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)
Rifacimento coperture, murature interne
Richiesto se vincolato
Medio, con progetto e asseverazione
Alcune migliaia di euro
Permesso di costruire
Modifiche strutturali rilevanti o ampliamenti
Sempre richiesto
Complesso e lungo
Diverse migliaia di euro

Per quanto riguarda i permessi “specifici”, due sono quelli che incidono maggiormente sull’iter autorizzativo: l’autorizzazione paesaggistica e il parere della Soprintendenza ai Beni Culturali.

 

L’autorizzazione paesaggistica è obbligatoria quando l’edificio si trova in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, come i centri storici, le zone costiere o i territori agricoli di pregio.

 

Per ottenerla, è necessario presentare una relazione paesaggistica redatta da un tecnico abilitato, corredata da planimetrie, foto, render e relazioni descrittive. Il Comune provvede poi a inoltrare la documentazione alla Soprintendenza, che ha tempo 45 giorni per esprimere il proprio parere.

 

Il parere della Soprintendenza ai Beni Culturali, invece, è richiesto quando l’edificio è formalmente notificato come bene culturale. In questo caso, l’intervento deve essere compatibile con il valore storico-artistico del bene, e la valutazione viene effettuata direttamente dalla Soprintendenza.

 

L’istruttoria può durare alcune settimane o anche mesi, e prevede spesso richieste di integrazioni, sopralluoghi e confronti tecnici.

 

Come risparmiare

Inutile girarci attorno: i costi per il restauro di un edificio storico possono essere elevati. Da un lato troviamo interventi invasivi, dall’altro la necessità di mettere in campo competenze decisamente specialistiche.

 

Eppure è possibile risparmiare senza compromettere la qualità dell’intervento: raccogliere più preventivi e confrontarli. In questo modo, si ha gioco facile nell’individuare una soluzione dal buon rapporto qualità prezzo.

 

I preventivi però devono essere dettagliati e omogenei. In caso contrario, qualsiasi evidenza raccolta non avrebbe evidenza statistica e non potrebbe essere impiegata correttamente.

 

Ora, trovare preventivi del genere con la ricerca manuale, o peggio con il passaparole, è complicato. Anzi, proprio questo approccio si distingue per il carattere “caotico”.

 

Meglio affidarsi ai tool di richiesta preventivi, che sono pensati proprio per favorire un’analisi comparata.

 

Tra i migliori tool in circolazione, il nostro, quello di MestiereImpresa, che spicca per la rapidità e la precisione.

 

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