Parlando di impianti fotovoltaici non possiamo non parlare dell’effetto fotovoltaico.
Senza la pretesa di voler addentrarsi nel fenomeno fisico ricordiamo che le norme definiscono effetto fotovoltaico il fenomeno di conversione diretta della radiazione elettromagnetica (generalmente nel campo della luce visibile e, in particolare, della radiazione solare) in energia elettrica, senza trasformazione intermedia in energia termica.
Questa conversione avviene mediante formazione di coppie elettrone-lacuna all’interno di semiconduttori particolari (come ad esempio il Silicio), le quali determinano la creazione di una differenza di potenziale e la conseguente circolazione di corrente nel caso di collegamento a un circuito elettrico esterno. Questo fenomeno si manifesta nella cella fotovoltaica, il dispositivo che genera una tensione elettrica in c.c. quando è sottoposto ad assorbimento di fotoni della radiazione solare.
La cella fotovoltaica, pertanto, può essere paragonata ad un diodo a semiconduttore di grande area, che esposto alla luce e chiuso su un carico elettrico, si comporta come un generatore di potenza elettrica la cui corrente di corto circuito assume un valore proporzionale alla radiazione incidente su di esso. Chi volesse approfondire l’argomento troverà interessante l’allegato C “Cenni sulla risorsa energetica fotovoltaica” inserito nella Guida Cei 82-25 sin dalla sua prima edizione del giugno 2006.
Prima di analizzare le caratteristiche elettriche della connessione in rete degli impianti fotovoltaici, riprendiamo lo studio delle caratteristiche degli impianti fotovoltaici parlando del diodo di blocco e del diodo di bypass.
Il diodo di blocco è il diodo collegato in serie ai moduli, ai pannelli, alle stringhe ed al generatore fotovoltaico, il cui fine è bloccare l’eventuale corrente inversa.
Lo scopo è, dunque, quello di prevenire gli effetti indesiderati prodotti dalla corrente inversa e riconducibili alla perdita di potenza ed a possibili danneggiamenti dei moduli. Diversamente, il diodo di bypass, collegato in anti-parallelo ad un adeguato numero di celle fotovoltaiche, nella direzione della corrente diretta, ha lo scopo di permettere alla corrente del modulo di bypassare le celle in ombra.
L’effetto prodotto è quello di prevenire i possibili effetti hot-spot (riscaldamenti localizzati) dei moduli ombreggiati che potrebbero portare al danneggiamento del modulo fotovoltaico stesso.
Vediamo ora qual è lo schema generale di un impianto di produzione funzionante in parallelo alla rete del Distributore, in accordo con le prescrizioni normative delle le Norme Cei 0-16 e Cei 11-20. Secondo quanto abbiamo già accennato, gli impianti fotovoltaici connessi alla rete del Distributore comprendono sempre i seguenti componenti e sottosistemi:
- generatore fotovoltaico;
- inverter;
- sistema di interfacciamento alla rete del distributore.
In particolare, il sistema di interfacciamento alla rete del distributore è costituito dal dispositivo e sistema di protezione di interfaccia, interposti tra il convertitore c.c./c.a. e la rete del distributore al fine di salvaguardare la qualità del servizio elettrico ed evitare pericoli per le persone operanti sulla rete e danni alle apparecchiature.
In particolare, parliamo di dispositivo del generatore (Ddg) per identificare il dispositivo installato a valle dei terminali di ciascun generatore dell’impianto di produzione; di dispositivo di interfaccia (DDI) per identificare il dispositivo installato nel punto di collegamento della rete di utente in isola alla restante parte di rete del produttore, sul quale agiscono le protezioni d’interfaccia; esso separa l’impianto di produzione dalla rete di utente non in isola e quindi dalla rete del Distributore; esso comprende un organo di interruzione, sul quale agisce la protezione di interfaccia.
Parliamo, infine, di dispositivo generale (DG) per individuare il dispositivo installato all’origine della rete del produttore e cioè immediatamente a valle del punto di consegna dell’energia elettrica dalla rete pubblica (norme Cei 0-16 e Cei 11-20).
La guida Cei 82-25:2010-09 precisa che il dispositivo generale è costituito da un’apparecchiatura di manovra e sezionamento la cui apertura, comandata dal Sistema di Protezione Generale, assicura la separazione dell’intero impianto dell’Utente dalla rete. In particolare, il dispositivo generale interviene per guasto dell’impianto dell’Utente.
Il Sistema di Protezione Generale è (norma Cei 0-16) il sistema di protezione associato al Dispositivo Generale, composto da:
- trasduttori di corrente (e, se previsti, trasduttori di tensione) con le relative connessioni al relè di protezione;
- relè di protezione con relativa alimentazione;
- circuiti di apertura dell’interruttore.
Il dispositivo di interfaccia è anch’esso costituito da una (o più) apparecchiature di manovra comandata dal Sistema di Protezione di Interfaccia, assicura la separazione dell’impianto di produzione dalla rete, consentendo all’impianto di produzione stesso l’eventuale funzionamento in isola sui carichi privilegiati.
In particolare, il dispositivo di interfaccia deve essere a “sicurezza intrinseca” cioè essere dotato di bobina di apertura a mancanza di tensione (che ne provoca quindi l’apertura in mancanza della tensione di rete). Nel caso di sistema trifase, il dispositivo di interfaccia, se unico, è di tipo onnipolare. Il Sistema di Protezione di Interfaccia (Spi) associato al dispositivo di interfaccia prevede relé di frequenza, di tensione, ed eventualmente di tensione omopolare.
Infine, il dispositivo del generatore è un’apparecchiatura di manovra la cui apertura, comandata da un apposito sistema di protezione, determina la separazione del gruppo di generazione dalla rete.